lunedì 31 agosto 2009

Spostati i limiti di vegetazione gli alberi diventano "migranti"

Il riscaldamento climatico è un fenomeno che ha ben pochi risvolti positivi ma, stando a una ricerca neozelandese, offrirebbe agli alberi del pianeta la possibilità di colonizzare nuovi territori, incontrando sempre meno ostacoli nelle condizioni di sopravvivenza. In altre parole, dato che le piante resistono più facilmente al caldo che al freddo e che l'inverno fa da effetto-soglia per la sopravvivenza della maggior parte degli alberi, l'innalzamento globale delle temperature gioca a favore di boschi e foreste, che incontrando inverni sempre meno rigidi riescono a sopravvivere anche in territori finora considerati inospitali.E' questo che ha cercato di fare la ricercatrice Melanie Harsch del Bio-Protection Research Centre della Lincoln University, in Nuova Zelanda, che con il suo team ha analizzato 166 località del pianeta per capire cosa provoca gli spostamenti delle "treelines", ovvero i limiti di vegetazione arborea. In tutti i siti prescelti, questi spostamenti vengono monitorati costantemente dal 1900, quindi lo studio ha potuto prendere in esame e confrontare oltre un secolo di dati.La ricerca ha tenuto conto di innumerevoli fattori climatici e non, dal caldo all'umidità, dal livello di piovosità alla conformazione geologica e geografica del territorio. "Da secoli sappiamo che via via che fa più caldo il limite degli alberi si alza di quota. Per capire cosa spinge i limiti di vegetazione a spostarsi non basta schematizzare tutto nel binomio caldo/freddo - spiega il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana - poiché si tratta di meccanismi influenzati da un'infinità di fattori".Dire ad esempio che gli alberi sopravvivono più facilmente a temperature calde, continua Mercalli, "è sbagliato: il melo se non ha abbastanza freddo d'inverno, non fruttifica. Per questa pianta l'inverno troppo mite può quindi essere un problema. Il legame tra aumento delle temperature e avanzamento della vegetazione è un dato di fatto, ma i fattori di controllo sono moltissimi, comprensibili fino in fondo solo agli addetti ai lavori".Le parole di Mercalli trovano conferma nei dati raccolti dalla Harsch: il suo studio, pubblicato su Ecology Letters, ha riscontrato infatti uno spostamento progressivo della vegetazione arborea dalla costa occidentale americana verso Siberia del nord e sud-est asiatico, ma in modo tutt'altro che uniforme. In alcune località gli alberi sono avanzati verso nord, mentre in altre non è stato registrato alcuno spostamento.I ricercatori hanno anche notato che la temperatura dell'aria negli ultimi 100 anni è aumentata in 111 siti su 166 (0,13 gradi in più ogni decennio) e che il riscaldamento estivo si è verificato in 117 siti (0,0189 gradi in più ogni decennio), ed è stato più frequente di quello invernale, registrato in 77 località (0,0199 gradi in più ogni anno). I limiti di vegetazione sono avanzati verso habitat finora ritenuti inospitali in ben 87 località, mentre sono in tutto 77 i luoghi in cui la vegetazione non si è mossa e due quelli in cui ha finito con l'occupare un ambito ancora più ristretto del proprio territorio, recedendo. "Ci aspettavamo che l'elemento trainante fosse l'aumento delle temperature estive - spiega Harsch - e invece sono le variazioni di quelle invernali a scatenare tutto"."Una soglia termica minima invernale - conclude Mercalli - può semplicemente uccidere la pianta e quindi impedirle di svilupparsi. Un inverno più mite, indipendentemente dall'estate, elimina il fattore limitante e la specie può salire di quota. La cautela interpretativa sta però nel fatto che tutto ciò dipende dalla specie vegetale e dal tipo di ambiente. E' chiaro che per far crescere gli olivi sulle Alpi, oltre a un'estate sufficientemente mite, dovrò eliminare tutti i minimi invernali minori di circa -10 C, temperatura critica dell'olivo, sotto la quale la pianta muore".Fonte: Repubblica.it

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