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mercoledì 14 ottobre 2009

"Meno inquini più ti premio" la svolta verde delle Ferrovie. Sui treni partiranno le "millemiglia" ecologiche. Dal prossimo anno 2,5 milioni di tonnellate di gas serra in meno ogni dodici mesi di ETTORE LIVINI


MILANO - Prima la Frecciarossa, ora i biglietti verdi. Dopo il successo dell'alta velocità - che sulla Milano-Roma ha ormai conquistato il 50% del mercato - le Ferrovie dello Stato provano a strappare altri passeggeri ad aereo e auto giocando il jolly del viaggio ecologico.Tutti i tagliandi d'accesso sui treni italiani, compresi quelli emessi online, riporteranno in tempi brevi - oltre a tratta, classe e prezzo - anche il bilancio ambientale del percorso: vale a dire i numeri che quantificano quante emissioni (in kg. di CO2) e consumi energetici (in grammi di petrolio equivalenti) si sono evitati rispetto all'uso sullo stesso percorso di auto ed aereo.Non solo: ogni passeggero avrà una sorta di tessera personale su cui, viaggio dopo viaggio, verranno contabilizzati l'anidride carbonica e il gasolio "risparmiati". Una sorta di Mille miglia su rotaia che - come la cugina dei cieli - accumulerà questi "punti verdi" facendo scattare un articolato meccanismo di premi. L'elenco, ancora allo studio, dovrebbero comprendere biglietti gratuiti, sconti e "upgrading" di classe. E più avanti, se si riusciranno a superare gli scogli tecnici, persino la possibilità di detrarre fiscalmente parte delle spese di viaggio.La sfida del treno ad aereo ed auto, perlomeno sul fronte ecologico, non ha storia. Per ogni passeggero/chilometro - l'unità di misura su cui si calcola il bilancio ambientale di un mezzo di trasporto - scegliendo i convogli delle Fs si producono 44 grammi di CO2 contro i 118 dell'auto, i 140 dell'aereo e i 158 del camion. Stesso discorso sul fronte del risparmio energetico. Utilizzando la strada ferrata si consuma il 91% in meno rispetto al volo, il 77% in meno dei camion e il 68% di una vettura.L'avvento degli eco-biglietti Fs e delle loro promozioni ha l'obiettivo commerciale di consolidare il lento ma costante recupero di quote di mercato del treno nel nostro paese. Un fenomeno che ha già garantito, cifre alla mano, benefici importanti: nel 2008, sui convogli Trenitalia sono saliti 100mila pendolari in più al giorno. Un aumento del 6% che si traduce nel risparmio di 65mila viaggi al dì in auto, con 27mila tonnellate in meno di anidride carbonica scaricate in aria. I 1.600 passeggeri al giorno che sono passati dalla navetta Roma-Milano di Alitalia-Air One all'alta velocità dal lancio della Frecciarossa garantiranno a fine 2008 (magari senza rendersene conto) un risparmio di altre 30mila tonnellate.

E quando a dicembre 2009 entrerà in esercizio il treno superveloce Torino-Milano-Roma-Salerno, l'intero sistema dei trasporti italiano dovrebbe produrre - secondo la stima delle Fs - 2,5 milioni di tonnellate di CO2 in meno ogni dodici mesi.La scommessa ecologica della società guidata da Mauro Moretti rientra in un piano continentale per la riduzione dell'effetto-serra che giocherà molte delle sue possibilità di successo proprio sul taglio drastico delle emissioni nel settore dei trasporti, aumentate del 27% tra 1990 e 2006 mentre quasi tutto il resto dell'industria riusciva a tagliarle. Oggi auto, camion, aerei e treni contano circa per il 20% del totale di anidride carbonica scaricato nei cieli europei. E L'Agenzia ambientale di Bruxelles prevede che, ai trend attuali, l'inquinamento prodotto dal sistema della mobilità sarà superiore nel 2050 a quello di tutti gli altri comparti industriali messi assieme.Fonte: La Repubblica.it

venerdì 9 ottobre 2009

Nuovo arrivo al Bioparco di Roma

ROMA - Un cucciolo di giraffa è nato al Bioparco di Roma, ed è uscito per la prima volta all'esterno della casa delle giraffe alla presenza dell'assessore comunale all'Ambiente Fabio De Lillo, del presidente della Fondazione Bioparco di Roma Paolo Giuntarelli, e del nuovo direttore della struttura Tullio Scotti.
Il cucciolo, che è figlio di Camerun e Rocco, è nato il 29 settembre, è alto circa 1 metro e 70 cm e prede il posto della giraffina Pallina, recentemente morta per un incidente, una delle mascotte dei bambini. I guardiani del reparto erbivori avevano predisposto un letto di paglia nella stalla per attutire la caduta del neonato, che è avvenuta dall' altezza di 2 metri.
Il giraffino si aggiunge al gruppo di 4 animali che abita nella casa delle giraffe: Carroll di 17 anni, mamma di Camerun (che ne ha 5) e nonna del neonato, entrambe arrivate al Bioparco nel 2006 da uno zoo della Repubblica Ceca, la giraffina Esperanza, nata nel Bioparco nell'agosto 2006, e Rocco, l'anziano maschio, di 25 anni, arrivato a Roma nel 2005. La giraffa è l'animale più alto al mondo e raggiunge i 25 anni di età, e pur avendo un collo lunghissimo ha lo stesso numero di vertebre dell'uomo. Il neonato non ha ancora un nome e il Bioparco ha invitato tutti i bambini a inviare una mail all'indirizzo info@bioparco.it con il nome preferito entro giovedì 15 ottobre. Fra tutte le proposte pervenute, lo staff zoologico sceglierà il nome più originale che verrà comunicato attraverso il sito: www.bioparco.it. Fonte: Ansa.it

domenica 4 ottobre 2009

Città, inquinamento e clima Spariscono gli anfibi in Italia

Gli anfibi sono le specie animali più minacciate. In Europa ne vivono 85 tra rane, rospi, tritoni e salamandre, di cui il 60% in declino. Una quota superiore a quella dei mammiferi (15%) o degli uccelli (13%). In Italia le specie sono 36 e 9 di queste potrebbero presto essere solo un ricordo. Un quadro allarmante - le cui cause sono la riduzione delle aree umide, l'urbanizzazione, le malattie, l'inquinamento e la caccia indiscriminata- tratteggiato da uno studio italiano pubblicato dala rivista Biological Conservation."L'Italia ospita il maggior numero di specie complessivo ed è quindi tra i paesi con il maggior declino", dice il biologo Pierluigi Bombi, che insieme a Manuela D'Amen della Università di Roma Tre punta ora il dito contro il cambiamento climatico, un problema sottovalutato nella conservazione degli anfibi italiani.
D'Amen e Bombi hanno studiato le 12.500 segnalazioni raccolte in più di dieci anni da volontari sparsi lungo la penisola. Grazie anche a informazioni ecologiche e immagini satellitari hanno ritratto lo stato odierno della fauna anfibia italiana.Secondo i ricercatori il declino è maggiore nelle regioni che hanno subito forti sbalzi climatici. "Il problema sono la diminuzione di acqua e l'aumento della temperatura", dicono. Le pozze stagionali si asciugano prematuramente, e ciò impedisce la riproduzione di rospi e raganelle. "In alcune regioni in cui il calo degli anfibi era attribuito alla distruzione dell'habitat, abbiamo invece visto che la causa principale è stata il clima". Inoltre, ricordano gli scienziati, il clima favorisce l'insorgere di epidemie.Ed ecco quindi la lista delle specie più a rischio. Le elenca Bombi: "Le specie che soffrono di più sono il discoglosso dipinto (una rana presente, in Italia, esclusivamente in Sicilia), l'ululone appenninico (un piccolo rospo con la pancia gialla) e il pelobate fosco (un rospo distribuito nella pianura padana) che sono scomparsi da oltre il 30 % dell'area che occupavano alcuni decenni fa. In particolare il pelobate fosco ha perso più della metà del suo areale anche a causa del cambiamento climatico".Altri anfibi in declino sono la salamandra atra ed il tritone crestato, spariti dal 20% del territorio che occupavano un tempo. E diminuiscono anche il rospo comune, la rana "verde", il tritone italico e la rana italica.Rospi e salamandre non godranno forse del favore degli italiani, ma sono importanti per l'ambiente. Per esempio limitano la proliferazione di topi ed insetti. Edoardo Razzetti, biologo presso il Museo di Storia Naturale di Pavia sottolinea: "Gli anfibi sono un patrimonio della biodiversità che dovremmo trasmettere ai nostri figli. In fondo anche la tigre siberiana non è essenziale per la sopravvivenza umana, ma pensare così vuole dire aver perso il rapporto che abbiamo con gli ambienti naturali".Secondo D'Amen e Bombi i risultati dello studio, serviranno alle istituzioni per la tutela della fauna che regna nelle paludi e negli aquitrini italiani. Bisognerà infatti riconsiderare la protezione degli anfibi in un Mediterraneo destinato ad essere più arido e brullo. Non saremmo certo i primi a farlo, dice Bombi: "In Spagna esistono già studi sulla efficienza delle aree protette nella difesa degli anfibi, dei rettili, ed in generale della biodiversità, che tengono conto dell'impatto che avranno i cambiamenti climatici".Fonte: La Repubblica.it

venerdì 2 ottobre 2009

San Donato - Trasferiti i due daini per i lavori nel parco

Ospiti nel centro Snam adesso sono a Bareggio

I due daini del centro sportivo Metanopoli ieri mattina sono partiti con l’assistenza di un veterinario per un periodo di “villeggiatura”. Proprio nella giornata in cui il centro sportivo, dopo il passaggio di mano da Gism al comune, ha riaperto i cancelli al pubblico, i due esemplari rimasti del gruppo che una volta animava i recinti, in via temporanea sono stati infatti trasferiti in un luogo idoneo, al fine di consentire alle ditte specializzate di effettuare una serie di interventi di manutenzione in programma. Prima del viaggio ai due esemplari è stata pratica l’anestesia e gli esperti confermano che tutto è andato per il meglio. «Gli animali – spiega il veterinario Nico Travian, tranquillizzando gli affezionati frequentatori della cornice verde sandonatese -, una volta giunti a Bareggio si sono svegliati senza manifestare alcun sintomo particolare. In questo momento le loro condizioni generali sono buone». Sembra del resto che le vicissitudini dell’ultimo anno non abbiano fatto propriamente bene nemmeno ai daini, che necessiterebbero di cure costanti. «In attesa della conclusione dei lavori di ripristino del patrimonio arboreo e delle strutture del parco – ha commentato il sindaco Mario Dompè – abbiamo deciso di trasferire temporaneamente i due daini a Bareggio per salvaguardarne il benessere. Al parco Arcadia si troveranno immersi nel verde in un contesto più idoneo alle loro esigenze». Riguardo la destinazione, si trovano attualmente nei 200mila metri quadrati rigorosamente verdi di un’oasi naturale, tra capre, emù, pavoni, gallinelle, oche, anatre e altre specie faunistiche. Della mancanza se ne accorgeranno molti sandonatesi, in quanto i daini, insieme ai cigni e alle anatre che si muovono nello stagno, appartengono da sempre alla tradizione del parco che correda gli impianti sportivi.Fonte: Il Cittadino

giovedì 1 ottobre 2009

Melegnano - Segnalati gamberi killer a spasso al Montorfano

Il gambero killer fa la sua comparsa nel centro abitato di Melegnano.

Ieri mattina gli abitanti del Montorfano, zona residenziale nella periferia est di Melegnano, hanno infatti avvistato un gambero della Louisiana aggirarsi tranquillamente nel loro quartiere. «Lo abbiamo notato - hanno confermato - sul marciapiedi nei pressi del grande parcheggio al centro del Montorfano». Di colorazione rossastra per una lunghezza massima di 15 centimetri e un peso di 100 grammi, la specie, piuttosto aggressiva e immune agli inquinanti e ai pesticidi, è originaria della Louisiana ed è stata successivamente introdotta in altre regioni del mondo. In Italia originariamente il gambero era presente soltanto in alcuni allevamenti, mentre attualmente è diffuso in molte zone del bacino del Po, dell’Arno, del Tevere e ora anche del Lambro, visto che il Montorfano dista poche decine di metri dal corso periferico del fiume, che poi attraversa per gran parte Melegnano. Quando ieri mattina se lo sono trovati davanti, gli abitanti del Montorfano sono rimasti decisamente sorpresi. «Anche perchè - hanno affermato - almeno all’inizio non sapevano neppure di che animale si trattasse». Tocca dunque a Luca Ravizza, tecnico dell’ufficio animali del comune di Melegnano, fare il punto della situazione: «Recentemente - ha spiegato - il gambero della Louisiana è stata avvistato nel bosco di Montorfano, mentre l’ipotesi più plausibile è che provenga dalla Vettabia. Si tratta di un gambero piuttosto grosso - ha chiarito Ravizza - che, se non è pericoloso per l’uomo, può diventare invece letale per insetti, anfibi e pesci. Non a caso è definito gambero killer». Fonte: Il Cittadino

Borghetto - Parco della pace, svaniti gli animali

Che fine hanno fatto gli animali del parco della pace e la voliera comunale che fino a tre anni fa campeggiava in bella mostra in mezzo al verde? È la domanda che si fanno i consiglieri di minoranza del Popolo della libertà sollevando la questione dell’abbandono dell’area verde. «Borghetto ha la fortuna di avere un parco molto grande proprio nel centro del paese, ma l’amministrazione comunale l’ha dimenticato e non se ne occupa più - dicono Sonia Balzani e Anna Faccini con modi pacati ma fermi-. Il simbolo dell’abbandono è proprio la fauna: qui c’erano famiglie di cigni, anatre a altri volatili che ora non si vedono più, perfino due caprette. E ancora, che fine ha fatto la voliera con i pappagalli e gli altri volatili? Era in mezzo al parco, poi fu spostata».La voliera fu voluta dalla vecchia amministrazione Cutti, e per anni restò nel centro del parco con alcuni volatili al suo interno. Quindi tre anni fa la Pro Loco in occasione della fiera di Maggio chiese all’amministrazione comunale il permesso di spostarla perché era vicino ad alcuni banchi alimentari. Da allora se ne persero le tracce. A quanto pare, in quell’occasione fu comprata una nuova struttura per sostituire la vecchia decrepita, ma dopo pochi mesi e con sempre meno uccelli in gabbia la voliera fu definitivamente ritirata da parte di un privato.«Ma se la fauna è l’aspetto più evidente, ci sono anche tante altre cose che non vanno nel parco, a partire dalla cura del verde e dalle piantumazioni - spiegano i consiglieri del Pdl -. Inoltre, il parco rimane tuttora senza bagni, dopo che la precedente amministrazione Menin bocciò il vecchio piano di ristrutturare i campi da tennis e creare dei nuovi servizi. Per quel progetto, si disse di no a un finanziamento regionale cospicuo, e oggi i bagni ancora non ci sono».L’amministrazione ha elaborato già un progetto di riqualificazione complessiva del parco, dal costo stimato di circa 180 mila euro, ma le due consigliere dubitano che quella sia la strada giusta. «Si tratta di un intervento cospicuo, per il quale oggi non ci sono soldi - dicono Sonia Balzani e Anna Faccini -. Ci si può indebitare con un mutuo, ma siamo sicuri che sia la priorità? Piuttosto, noi proponiamo di mettere in pista tante azioni a costo zero, coinvolgendo associazioni e scuole per la cura del verde, e investendo poche somme l’anno per la manutenzione più urgente. In questo modo, il parco tornerebbe vivo e frequentato, con una spesa sicuramente più ragionevole».Fonte: Il Cittadino

venerdì 25 settembre 2009

Somaglia - Scoppia l’incendio, disastro scongiurato

Divampa un incendio nel fienile, scongiurato il disastro. Nella notte tra mercoledì e giovedì intorno alle 2.30 è divampato un maxi incendio all’interno della cascina Fittarezza di Somaglia. La struttura, originaria del diciottesimo secolo e costituita da vari nuclei a pianta quadrangolare o a “L”, sorge in aperta campagna sulla strada Bassa che collega il paese a Guardamiglio. Di lì a poche decine di metri passa l’autostrada del Sole. Sono state le famiglie residenti ad accorgersi di rumori e bagliori nel cuore della notte e a richiedere al 115 un massiccio intervento. Utili anche le tempestive segnalazioni arrivate da chi percorreva l’autostrada. Stavano bruciando in effetti 480 quintali di fieno pressato e accatastato in un capannone ristrutturato recentemente e ampio 36 metri per 9. Le fiamme, altissime, hanno prodotto anche molto fumo. Sul posto, dopo un primo intervento tentato dai proprietari della cascina con il ricorso a getti di liquame, sono arrivati i vigili del fuoco di Lodi, Casalpusterlengo, Sant’Angelo e Piacenza con quattro autopompe e altrettante autobotti per un totale di una trentina di operatori. Presente anche il vicecomandante del comando provinciale di Lodi Massimo Stucchi. Tutti con il volto coperto da autoprotettori dato che nei pressi della cascina era impossibile respirare per la fitta fumata nera. Inoltre, per poter intervenire immediatamente in caso di malori, il posto è stato presidiato da un’ambulanza della Croce rossa di Codogno. È stato proprio questo efficace lavoro di squadra a salvare dall’incendio un secondo capannone, localizzato alle spalle di quello andato in fumo e utilizzato come deposito di altri 480 quintali di fieno. Usciti incolumi anche una struttura adiacente di 24 per 36 metri, la stalla, le mucche lì allevate, trattori e numerosi attrezzi. Gli animali, rimasti calmi nonostante il trambusto, hanno fissato i presenti incuriositi per tutto il tempo. Le fiamme sono state arginate rapidamente creando un vero muro d’acqua tra il fieno del primo capannone e la vecchia parete che lo separava dall’altro deposito: il divisorio ha retto bene alle sollecitazioni. Il fuoco si è “divorato” soltanto la copertura del fienile che quindi dovrà essere ripristinata perché dichiarata inagibile. Il lavoro più lungo, durato fino a ieri pomeriggio, ha riguardato lo smassamento del fieno carbonizzato. Infatti, con l’aiuto del proprietario e di alcuni agricoltori e tramite una pala, un trattore e rimorchi, il materiale è stato allargato e smaltito per evitare che focolai rimasti accesi provocassero ulteriori danni. L’incendio, secondo i risultati di una prima indagine, avrebbe avuto origine dalla fermentazione del fieno pressato.Fonte: Il Cittadino

giovedì 24 settembre 2009

Risorse rinnovabili esaurite la Terra entra in riserva

Signori, si chiude. Se il pianeta fosse gestito come una famiglia all'antica, di quelle che non chiedono prestiti, domani dovrebbe serrare i battenti: le risorse sono finite. Ovviamente il mondo andrà avanti, ma a credito. Prenderemo energia, acqua e minerali a spese del futuro, restringendo il capitale di natura che abbiamo a disposizione. Il 25 settembre è l'Earth Overshoot Day, il momento dell'anno in cui la specie umana ha esaurito le risorse rinnovabili a disposizione e comincia a divorare quelle che dovrebbero sostenere le prossime generazioni.A calcolare la data è il Global Footprint Network, l'associazione che misura l'impronta ecologica dell'umanità, cioè il segno prodotto sul pianeta dalla nostra vita quotidiana: dalle bistecche che mangiamo, dai cellulari che compriamo, dagli aerei che usiamo. Per millenni, fino alla rivoluzione industriale, questo segno è rimasto sostanzialmente invisibile. Ci sono stati scompensi ecologici anche violenti, ma localizzati: a livello globale gli effetti prodotti dall'esistenza di centinaia di milioni di esseri umani si confondevano con le oscillazioni periodiche della natura.L'impatto si è fatto più consistente dall'inizio dell'Ottocento, ma solo negli ultimi decenni è cominciata la crescita drammatica che, a parte la battuta d'arresto prodotta dalla crisi economica, non accenna ad arrestarsi. Nel 1961 l'umanità consumava la metà della biocapacità del pianeta. Nel 1986 ci siamo spinti al limite ed è arrivato il primo Earth Overshoot Day: il 31 dicembre le risorse a disposizione erano finite. Nel 1995 la bancarotta ecologica è arrivata il 21 novembre. Dieci anni dopo i conti con la natura sono entrati in rosso già il 2 ottobre. Ora siamo retrocessi fino al 25 settembre: consumiamo il 40 per cento in più rispetto alle risorse che la Terra può generare. Nel 2050, se la crisi energetica non ci avrà costretto alla saggezza ecologica, per mantenere i conti in pareggio avremo bisogno di un pianeta gemello da usare come supermarket per prelevare materie prime, acqua, foreste, energia.Forse non andrà così perché l'Earth Overshoot Day cade 80 giorni prima della conferenza di Copenaghen che costringerà il mondo a fare i conti con la più drammatica delle minacce create dal sovra consumo: il caos climatico derivante dall'uso smodato dei combustibili fossili e dalla deforestazione. La conferenza delle Nazioni Unite dovrà indicare la terapia per far scendere la febbre dell'atmosfera e la cura per ridurre le emissioni serra servirà anche a diminuire l'impronta complessiva dell'umanità.L'esito del summit di Copenaghen appare però incerto ed è probabile che si concluderà con una faticosa mediazione, mentre solo una scelta forte a favore dell'innovazione tecnologica e di un ripensamento sugli stili di vita può rallentare il sovra consumo che mina gli equilibri ecologici. "La contro prova l'abbiamo avuta adesso", commenta Roberto Brambilla, delle Rete Lilliput che cura, assieme al Wwf, il calcolo dell'impronta ecologica. "Abbiamo sperimentato la crisi più grave dal 1929 e il risultato, in termini ecologici, è stato modesto: l'anno scorso l'Earth Overshoot Day è arrivato il 23 settembre, quest'anno il 25. Il colpo durissimo subito dall'economia mondiale ha spostato la data di soli due giorni. Questo significa che, se non si cambia il modello produttivo, neppure la malattia del sistema, con tutti i problemi connessi, può guarire l'ambiente. Al contrario diminuire il peso dell'impronta ecologica potrebbe aiutare l'economia. Ad esempio il 97 per cento del nostro patrimonio edilizio è costruito in modo inefficiente: ci sarebbe da fare cappotti isolanti per le pareti, tetti verdi e finestre con vetri ad alto isolamento da oggi al 2030".Fonte: Repubblica.it

San Colombano - Avvistamenti record nei cieli lodigiani

Osservate nei campi quindici specie volatili per un totale di oltre 3mila uccelli.

Avvistamenti record sopra i cieli lodigiani: il campo d’osservazione rapaci in migrazione di San Colombano, che quest’anno ha esteso i suoi confini con altre postazioni a Pieve Fissiraga, a Castel San Giovanni e a Boffalora Piacentina, all’imbocco della Val Tidone, ha registrato 3.261 avvistamenti per 15 specie di volatili. L’anno passato gli avvistamenti furono 1.300 per otto specie.I quattro campi sono stati organizzati dall’associazione banina “Il Picchio Verde” e dal Grol, il Gruppo ricerche ornitologiche Lodigiano, in collaborazione con la Lipu piacentina e con il contributo delle province di Milano e Pavia, che hanno contribuito rispettivamente con 1000 e con 500 euro per i rimborsi spese, e di Piacenza, che ha assegnato una guardia forestale all’osservazione nei campi piacentini. Piccolo giallo sul contributo della Provincia di Lodi, 800 euro che erano stati stanziati ma che pare non siano ancora stati assegnati.«Dire che sono emozionato è eccessivo, ma veramente i risultati ottenuti sono stati importanti», dice Marco Siliprandi del Grol. «È stato un impegno gravoso per tutti i volontari, ma le soddisfazioni ci sono - gli fa eco Maurizio Papetti del Picchio Verde -. Abbiamo importanti conferme sulla migrazione sopra i nostri cieli lodigiani, e abbiamo avvistato molte specie». La specie in assoluto più numerosa che è stata avvistata è quella del falco pecchiaiolo, rapace migratore che da anni è osservato sui cieli lodigiani. Quest’anno sono stati registrati 3.130 esemplari. Delle tredici specie di rapaci viste, nove sono migratorie, tra cui il falco di palude, l’anno scorso visto tre volte, quest’anno 24. E i campi ai piedi dell’Appennino Emiliano non hanno riservato grandi numeri, ma avvistamenti di qualità. Oltre a interessanti specie di piccoli rapaci, tra cui 45 esemplari di falco grillaio, sono state segnalate anche 28 cicogne nere, una specie rara che in Italia raggiunge la trentina di esemplari. Queste cicogne erano in transito migratorio provenienti perlopiù dall’Europa centrale.«E poi abbiamo notato anche diversi uccelli stanziali, tra cui le due coppie di falco pellegrino, quelle che stanno sulla centrale di Castel San Giovanni e, probabilmente, quella già segnalata sulla centrale di Tavazzano, che si spinge abitualmente fino a Pieve Fissiraga e San Colombano - conclude Siliprandi -. Il campo ha dato risultati notevoli, anche se molti passaggi migratori avvengono a quote troppo alte per essere registrati. Dopo aver verificato e studiato tutti i dati, decideremo insieme se continuare l’esperienza con le stesse modalità». E sabato 19 il Grol propone un’escursione per l’osservazione delle migrazioni fino ad Arenzano. Per informazioni si può contattare il numero 3403645527.Fonte: Il Cittadino

mercoledì 23 settembre 2009

La cascina come un banco di scuola

Una giornata a contatto con la natura, per scoprire i tesori del mondo agricolo e imparare i precetti di una sana e gustosa alimentazione. È questo lo scopo della quinta edizione di “Fattorie Didattiche a porte aperte”, l’iniziativa organizzata dalla regione Lombardia che domenica permetterà alle famiglie di recarsi in 85 aziende agricole lombarde per un programma di percorsi guidati tra cascine e musei agricoli, laboratori, visite agli allevamenti, alle coltivazioni e ai processi di trasformazione dei prodotti agricoli, degustazioni, giochi e molte altre attività ancora. La kermesse godrà dell’indispensabile contributo delle associazioni e delle imprese agricole, che nel Lodigiano conterà sulla disponibilità offerta da cinque aziende: la Baronchelli di Borgo San Giovanni, con “focus” dalle 15 sulla vita dei bovini, visita dello stabilimento di imbottigliamento del latte e possibilità per i bambini di produrre la cagliata; l’agriturismo Cascina Isolone di San Rocco, con percorso ludico alla scoperta del territorio e passeggiata in bicicletta; l’Itas sperimentale Tosi di Codogno, con visita alle stalle, mungitura, trasformazione del latte in formaggio, attività nell’orto e prove di semina, trapianto e raccolta delle piante; le Cascine di Terranova, con giochi, animazioni, laboratori, visite agli animali e all’azienda, degustazione dei prodotti “Lodigiano Terra Buona” e possibilità, a pagamento, di godere di pranzo, merende e spuntini; la didattico-sperimetale cascina Podere Iseppina-Staffini, l’istituto professionale di Lodi per l’agricoltura e l’ambiente dove oltre a dimostrazioni pratiche di caseificazione sarà possibile degustare prodotti da forno e lattiero-caseari. La mappa delle aziende e delle attività, con le informazioni e i contatti per prenotare le visite, sono disponibili sul sito www.buonalombardia.it. nonché presso gli Spazi Regione nelle province lombarde, presso le sedi regionali delle associazioni di categoria, le sedi delle province e nei 20 punti vendita lombardi della catena di negozi Città del Sole e Natura.Fonte: Il Cittadino

domenica 20 settembre 2009

CACCIA, RIAPRE STAGIONE. ENPA: NO A ABOLIZIONE LIMITI

Oggi si è aperta ufficialmente la stagione venatoria. Nell'occasione, l'Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) reitera il suo "allarme per l'emendamento Pini (Ln)", sottolineando come "tra trabocchetti per favorire la 'caccia no limits', deroghe alla normativa nazionale e comunitaria, abbattimenti selettivi, saranno centinaia di milioni gli animali uccisi dalle doppiette. "Dopo le pre-aperture della stagione venatoria, che hanno già mietuto numerose vittime e creato gravissimi incidenti, in uno dei quali è rimasto coinvolto perfino un bambino - scrive l'Enpa in un comunicato - domenica 20 settembre riapre ufficialmente la stagione venatoria.Fino al 31 gennaio prossimo le campagne e i boschi della Penisola saranno dunque frequentati dalle doppiette, pronte a sparare a qualsiasi cosa si muova e creare una situazione di grave pericolo per tutti quegli gli escursionisti che vogliano godersi gli ultimi scampoli d'estate". "Sebbene ridotto ai minimi termini - si sottolinea nel comunicato - il mondo venatorio può contare sul sostegno dei produttori di armi, dei ristoratori e di chiunque altro pratichi attività collegate a quello che taluni ancora definiscono uno 'sport', nonché sull'appoggio di alcuni esponenti politici che, per compiacere la propria base elettorale, tentano in ogni modo di far passare ulteriori concessioni a vantaggio della lobby venatoria estremista". "E' il caso, ad esempio, del Ddl Orsi per 'caccia selvaggia' che, tra le tante pessime novità, allunga la durata della stagione venatoria, aumenta i luoghi aperti agli spari e incrementa le specie cacciabili.Al momento il progetto Orsi si é arenato; non altrettanto può dirsi dell'emendamento Pini (Lega Nord) che, per ben due volte nel giro di pochi mesi, ha tentato di abolire i vincoli temporali al calendario venatorio". L'Enpa ricorda come "il primo blitz - in occasione della Legge Comunitaria 2008 - è fallito per l'opposizione del Parlamento; il secondo, invece, è tuttora in atto. A distanza di soli cinque mesi dalla precedente bocciatura, dunque, Pini ha ripresentato lo stesso emendamento alla legge Comunitaria 2009. Se approvata, la norma creerebbe gravissime conseguenze per la fauna selvatica e la sicurezza dei cittadini, ed esporrebbe il nostro Paese a nuove procedure d'infrazione dell'Unione Europea che si andrebbero così a sommare a quella già aperte a suo tempo. A rimetterci sarebbero tutti gli italiani che si troverebbero a pagare di tasca propria l'inutile vezzo di una categoria sempre più marginale".Fonte: Ansa.it

mercoledì 9 settembre 2009

San Colombano - Sulle colline una lunga estate “calda”

Almeno dieci incendi in meno di due mesi. È stata un’estate difficile per le colline di San Colombano e Graffignana, al confine fra le province di Lodi, Milano e Pavia. Tante infatti sono state le segnalazioni arrivate ai vari comandi dei vigili del fuoco negli ultimi mesi, quasi tutte per episodi dolosi o causati dalla distrazione dei passanti che magari gettano un mozzicone di sigaretta senza pensarci nella vegetazione. Non si tratta naturalmente di episodi sempre estesi su una vasta superficie, a volte è bastato un intervento di pochi minuti per spegnere il focolare che si è formato e impedire un incendio più grave.L’ultimo episodio, in ogni caso, si è verificato venerdì scorso, in tarda serata, quando un residente aveva segnalato le fiamme lungo la provinciale 19 fra Graffignana e San Colombano, all’interno di un’area recintata e molto vicino a un’abitazione privata. Le squadre dei vigili del fuoco di Lodi e Sant’Angelo hanno dovuto lavorare alcune ore prima di avere la meglio sul rogo, che avrebbe coinvolto anche una catasta di vecchi pneumatici. Alla fine è andata in fumo una superficie di circa 400 metri quadrati di terreno, arbusti e sterpaglie, mentre fortunatamente non è stata coinvolta la vicina abitazione.Proprio per fronteggiare questa continua emergenza, recentemente si è costituito un gruppo di pronto intervento all’interno della protezione civile di Graffignana, in grado di fronteggiare gli incendi e dare supporto ai vigili del fuoco negli interventi.«Noi finora siamo intervenuti in due episodi - spiega Luigi Remigi, responsabile operativo del gruppo -, quello di venerdì scorso e un altro alla fine di luglio in località Vignazze di Graffignana, lungo la provinciale 189. Abbiamo bloccato le fiamme lungo gli argini della collina, impedendo che venissero coinvolti campi coltivati. In ogni caso quest’anno la situazione sembra migliore rispetto agli altri anni, quando gli incendi erano stati molti di più».
Proprio la protezione civile ha due squadre di volontari (undici persone in tutto) che effettuano dei controlli sul territorio di loro competenza tutti i giorni, ma in orari differenti. Se vedono qualcosa di sospetto, come qualcuno intento ad appiccare il fuoco, o scorgono direttamente le fiamme, intervengono in prima persona o fanno la segnalazione ai vigili del fuoco. «Gli incendi provocati da cause naturali sono rarissimi - aggiunge Luigi Remigi -. Per lo più sono dolosi, o provocati da distrazioni (per esempio per mozziconi gettati nei campi), o da persone che hanno l’intenzione di incendiare un tratto di collina». In ogni caso a questo punto il periodo più difficile per le colline fra San Colombano, Graffignana, Sant’Angelo e Inverno (nel Pavese) sembra passato.Fonte: Il Cittadino

lunedì 7 settembre 2009

Pandino, esplode un incendio nella cascina: il rogo divora due trattori, fieno e un vitellino

Due trattori divorati dalle fiamme, una macchina per tagliare l’erba e una per miscelare i mangimi distrutte e mille quintali di fieno ridotti in cenere. Il barchessale della cascina di Natale, Egidio e Agostino Arfani, nella notte tra sabato e domenica, è andato a fuoco intorno all’una e mezza. Le fiamme altissime hanno illuminato il cielo scuro, per circa quattro ore. La tettoia è scoppiata e un vitellino è stato arso vivo, incastrato nella stalla, un’altra vitella invece si è spaccata le gambe in preda alla paura del fuoco e forse dovrà essere abbattuta. È la prima volta che questa azienda viene colpita da un simile incidente. I danni, non ancora quantificati, sono ingenti: si parla di circa 150mila euro. Quel che è successo è ancora in fase di accertamento. Non si sa infatti se la “scintilla” che ha innescato il rogo sia partita dal fieno accatastato oppure da un trattore. Lo dovranno chiarire i vigili del fuoco e probabilmente già nei prossimi giorni si conoscerà con maggior precisione la reale dinamica di quel che è accaduto. Il vicino di casa che ha dato l’allarme, agricoltore come gli Arfani, rivela che ad andare a fuoco per prime sono state le rotoballe: i focolari avrebbero da qui poi investito il trattore. «Io - racconta - mi sono accorto delle fiamme che venivano dal fieno. Erano altissime, poi c’è stata come una grandine dal cielo, quando sono saltate le coperture della tettoia. Solo dopo c’è stato il botto più forte, probabilmente quando il fuoco ha minacciato i mezzi agricoli». Uno dei proprietari stava bagnando i campi in campagna. All’una, quando è salito sul trattore, era tutto tranquillo. «Non so veramente cosa può essere successo - dice Agostino Arfani -, i danni sono notevoli e adesso ci sarà da fare tanta fatica per continuare l’attività. Siamo rimasti con un solo trattore». La comunità di Nosadello e Gradella ha mostrato tuttavia grande solidarietà. Dalle prime ore del mattino, infatti, sono arrivati operatori agricoli con propri mezzi che hanno supportato per gran parte della giornata gli Arfani nelle operazioni di pulizia. Per nove ore sono stati impegnati i vigili del fuoco: le prime quattro per domare le fiamme che soffocavano per un attimo, per divampare più violente subito dopo; le altre per le operazioni di messa in sicurezza e di «nastratura» della zona. Cinque i mezzi impiegati, coordinati in due turni dal distaccamento di Crema. Sotto gli occhi di tanti residenti che in bicicletta, in macchina o a piedi sono giunti a portare parole di conforto ai proprietari e a a guardare com procedevano le operazioni di soccorso. La struttura bruciata si trova quasi in centro paese, posizionata a distanza dietro la chiesa di Nosadello, ma raggiungibile solo attraverso una sterrata e in un’area isolata. L’incendio è avvenuto nel giorno della sagra del Paese. Un giorno che doveva essere di festa.Fonte: Il Cittadino

sabato 5 settembre 2009

San Giuliano - I cittadini “salvano” una capra tibetana

L’insolita presenza che nei giorni scorsi ha fatto capolino nel Parco Nord di San Giuliano, tra gente che faceva “footing” e bambini che salivano sulle giostre, non è certo passata inosservata.Un gruppo di frequentatori della principale cornice verde della città, si è così stretto intorno alla capretta tibetana, che qualcuno, dopo essersela tenuta per un periodo di tempo in giardino o in qualche podere agricolo, ha abbandonato in un tratto di territorio lontano dalle macchine, che in questa stagione è particolarmente frequentato.Probabilmente il suo ex padrone si è mosso nella primissima mattinata, lontano dagli sguardi, al fine di non essere scorto mentre scaricava dall’auto l’animale, per poi lasciarlo al parco. I sangiulianesi dopo aver preso confidenza con la capretta, che al momento si trovava un po’spaesata, hanno subito chiamato i vigili, nella speranza che le venisse trovata una collocazione adatta.La polizia locale è intervenuta, ma dopo alcune verifiche, gli agenti si sono resi conto che, non trattandosi di una specie protetta, la capretta non poteva essere ospitata nelle oasi delle associazioni ambientaliste. Pertanto, è stata accompagnata al canile di Pantigliate, dove probabilmente a distanza di qualche giorno trascorso tra esemplari ben lontani dalla sua razza, si starà forse lentamente ambientando.Per il momento non c’è stata altra soluzione, sebbene non è detto che in futuro qualcuno con un bell’appezzamento davanti a casa, possa magari adottarla. Sul caso nel frattempo non sono trapelati altri aggiornamenti, ma qualche sodalizio potrebbe anche attivarsi affinché l’originale ospite che è passato dal Parco Nord possa essere inserito in un ambiente consono alla sua specie. Fonte: Il Cittadino

venerdì 4 settembre 2009

Caselle Lurani - Brucellosi ovina, allevatori furiosi «L’Asl avrebbe dovuto informarci»

È stata indetta per martedì scorso l’assemblea incaricata di dare finalmente risposte chiare agli allevatori di Caselle Lurani, preoccupati per la loro stessa salute e per quella degli animali in seguito al macello, avvenuto proprio nel paese, di circa mille ovini infetti da brucellosi. La malattia, causata da un battere, si propaga per contatto diretto e colpisce sia gli animali che gli uomini, mettendo a rischio di contagio mungitori, veterinari, pastori e addetti al macello. Alla paura si affianca però anche la rabbia per essere venuti a conoscenza dell’accaduto solo tramite gli articoli pubblicati dal “Cittadino” del martedì precedente e non tramite le autorità dell’Asl, cui spettava il compito di divulgare la notizia.Giuseppe Granata, responsabile del Dipartimento prevenzione veterinaria dell’Asl di Lodi, si difende riferendosi ad altri casi di animali infetti che non hanno causato tanto clamore, pur essendo stati macellati a Caselle, e descrivendo le severe norme di sicurezza alle quali sono sottoposti sia gli animali sia i camion adibiti al loro trasporto dall’allevamento fino al macello. La carne, inoltre, anche se proveniente da un animale malato, una volta eliminate le interiora è considerata buona e mangiabile ed è stata per questo messa in commercio.Di parere diverso alcuni dei presenti in sala, i quali non solo temono un possibile contagio attraverso piccioni e nutrie, ma sono rimasti indignati per la mancanza di informazione che li ha privati della possibilità di scegliere se mangiare o meno la carne proveniente dall’animale infetto.Lo scontro tra esperti e allevatori si fa più vivo e diventa politico in relazione alla circolazione di un volantino riportante il logo del Pdl, ma in realtà non autorizzato. Il sindaco Sergio Rancati afferma che «le notizie riportate su di esso sono false e hanno avuto come solo risultato quello di fomentare l’allarme pubblico»; per tale motivo ricorrerà probabilmente all’autorità giudiziaria.D’altra parte, gli autori del volantino si giustificano spiegando che questo si presentava come l’unico mezzo immediato per attirare l’attenzione del sindaco su una questione apparentemente ignorata da chi di dovere.La reticenza da parte dell’Asl sembra a questo punto trovare giustificazione nella volontà di evitare un inutile allarmismo dato che «nessuna malattia è mai stata diffusa da un macello» e «non esiste un caso umano nel mondo di brucellosi trasmessa da ovini», come hanno spiegato gli esperti presenti in sala. Ci si chiede però se la mancata diffusione di una simile notizia abbia lo scopo di proteggere gli allevatori e i consumatori o piuttosto quello di affrancare le autorità competenti dal dovere di fornire risposte esaustive.Fonte: Il Cittadino

mercoledì 2 settembre 2009

Così le strade e le piste divorano l'Amazzonia

Dal Brasile alle Ande fino all'oceano Pacifico le opere che distruggono le aree boschive. Il più delle volte sono illegali, realizzate dai tagliatori clandestini di alberi. di LUIGI BIGNAMI

"La miglior cosa che si potrebbe fare per salvare l'Amazzonia è quella di bombardare le strade". Potrebbero sembrare le parole di un eco-terrorista invece sono quelle di di Eneas Salati, uno dei più rispettati scienziati brasiliani, in un'intervista a New Scientist. E confermate da quelle di Thomas Lovejoy, biologo americano, il quale ha detto che "le strade sono i semi della distruzione delle foreste tropicali".Le foreste tropicali scompaiono al ritmo paragonabile a circa 50 campi da calcio al minuto. Una distruzione che porta con sé la fine di miriadi di specie viventi, l'aumento di gas serra per miliardi di tonnellate l'anno e, non ultimo, un'incidenza mortale sulle popolazioni delle foreste. Le strade sono alla base dello scempio.
Il Brasile di recente ha completato la BR-163, penetrata nel cuore dell'Amazzonia per circa 1.800 chilometri, dal Mato Grosso fino a Santarém in Pará. Un'altra, la BR-319, inizierà presto a tagliare la foresta per 900 chilometri. Tre altre piste sono in programma per attraversare le Ande, dall'Amazzonia all'Oceano Pacifico. Sono solo le ultime nate, o quelle che stanno nascendo, di un intreccio di piste per lo più non autorizzate, penetrate nella foresta amazzonica per circa 170 mila chilometri, realizzate per lo più da tagliatori di alberi illegali per l'esportazione di mogano e altri legni pregiati.Lo stesso problema colpisce anche l'Isola di Sumatra e l'Africa centrale. In un articolo apparso su Science risulta che nel bacino del Congo, dal 1976 al 2003, sono state aperte 52 mila chilometri di strade e piste.Le strade sono fatali per le foreste perché queste ultime hanno una struttura così complessa che anche una pista larga pochi metri può alterarne profondamente le condizioni. A questo si aggiunge la scomparsa della fauna, decimata da auto e camion e dalla presenza umana. Non a caso nel bacino dell'Amazzonia il 95% della deforestazione e degli incendi avviene entro 50 chilometri dalle strade. In Suriname molte delle miniere illegali di oro (fortemente inquinanti) si trovano proprio vicino alle piste. Un esempio è l'autostrada Belem-Brasilia, nata negli anni '70: oggi una fascia di foresta di 400 chilometri, ai suoi lati, risulta totalmente compromessa.
Ancor più importante è l'impatto sulle popolazioni indigene. Nuove foto aeree hanno svelato la presenza di disboscatori clandestini all'interno di una riserva amazzonica istituita per gli indios isolati e quindi altamente vulnerabili. Le immagini mostrano gli accampamenti dei disboscatori all'interno della Riserva Murunahua, creata in Perù nel 1997. Secondo i funzionari della Funai (Fundaçao Nacional do Indio), i disboscatori stanno facendo fuggire gli abitanti della riserva dal Perù verso il confine brasiliano.Alcuni Murunahua sono già entrati in contatto con i disboscatori e per questo è deceduto circa il 50% della tribù. Proprio nelle ultime settimane è stato segnalato il primo caso di influenza H1N1 tra gli indiani amazzonici. Il virtus sarebbe stato diffuso proprio dai disboscatori. Secondo il Dipartimento sanitario regionale di Cusco, infatti, sono risultati positivi al virus sette membri della tribù dei Matsigenka che vivono lungo il fiume Urubamba, nell'Amazzonia peruviana. Il rischio è quello di un'epidemia devastante tra popoli che non hanno difese immunitarie nemmeno contro le più comuni malattie."Sono necessari studi approfonditi sulle conseguenze che l'apertura di una strada può arrecare all'ambiente e alle popolazioni di una foresta - spiega William Laurance della James Cook University di Caims, Australia - e poi troppo di frequente non si valutano le ricadute di una strada quando si fanno grandi opereconseguenze della realizzazione di una strada nel cuore delle foreste come una diga o un altro grande progetto. Esistono esempi significativi. Come la strada di alta velocità prevista tra Colombia e Panama che andrebbe a intaccare un'area molto importante, la Chocò-Darien. Un altro esempio è la BR-319: se costruita, potrebbe lacerare l'Amazzonia centrale come una cerniera". Fonte: Repubblica.it

San Giuliano - Una speranza per i cuccioli abbandonati

Il canile ha stipulato un accordo con l’azienda sanitaria di Lodi: a partire da agosto già recuperati 40 animali in libertà.Santa Brera accoglie 300 cani lasciati dai padroni in vacanza.

Ore 17.30 di un mercoledì di fine agosto, arriva il terzo “recupero” del giorno: un furgoncino dell’Asl della Provincia di Lodi ha varcato i cancelli del Centro Cinofilo Santa Brera, a San Giuliano milanese; all’interno rannicchiato c’è un meticcio di mezza taglia nero che per un anno, a seguito della morte del padrone, ha vagato solo per le campagne intorno a Castiglione d’Adda fino a quando un passante l’ha trovato sofferente a bordo strada e ha dato la segnalazione ai carabinieri. «Abbiamo iniziato a lavorare con l’Asl di Lodi il primo agosto di quest’anno e ad oggi abbiamo già ritirato circa 40 nuovi cani». Racconta Katiuscia una delle volontarie che ha prestato servizio anche ad agosto presso il canile. «Dall’Asl ci dicono che il numero di randagi raccolti ad agosto è in linea con quello dei mesi precedenti e comunque riusciamo a salvare molti cani perché d’estate la gente è più sensibile a questo problema e se vede un cane che vaga solo in strada chiama». A Santa Brera ci sono 300 cani nella parte del canile e 140 nella parte dedicata alla pensione dove molti padroni scelgono di lasciare i loro cani durante il periodo di ferie. Tra i 300 trovatelli, 220 arrivano da Campobasso dove sono state da poco chiuse due strutture perché non a norma. «Noi facciamo da canile sanitario per il territorio della Provincia di Lodi. Da noi i cani restano per 10 giorni dopo l’accalappiamento per ricevere cure e essere tenuti sotto osservazione fino a quando il veterinario dell’USL non decide che possono essere trasferiti nei canili rifugio dei comuni dove sono stati ritrovati.» Puntualizza Kathiuscia. Al Canile lavorano circa 40 volontari, 4 persone dipendenti che si occupano della pulizia della gabbie e un veterinario. Il servizio di accalappiamento offerto dall’USL copre solo la fascia oraria dalle 9 alle 16 quindi dalle 16 alle 9 e i giorni festivi è il personale di Santa Brera a occuparsi dei recuperi. «Qui c’è sempre qualcuno e noi volontari ci diamo molto da fare. Io mi occupo di seguire anche coloro che vogliono prendere in affido un cane: faccio loro un colloquio, cerco di capire le motivazioni, le attitudini, li porto in giro nel canile e una volta che hanno scelto verifico la compatibilità fra cane e futuro padrone» spiega la volontaria che ogni giorno si occupa di portare fuori i cani dalle gabbie, dar loro da bere e da mangiare, pulirli. «Questo caldo sta rendendo molto faticoso il lavoro e affatica anche i cani; hanno bisogno di molta acqua e di frequente, non possono più uscire dai box il pomeriggio ma la mattina presto e la sera e i più anziani devono essere sorvegliati maggiormente dato che alcuni di loro hanno avuto insufficienze cardiache.» Fonte: Il Cittadino

lunedì 31 agosto 2009

Una tartaruga verde trovata in Sardegna

Pur se è una delle maggiori vagabonde dei mari, i responsabili del Centro Recupero Animali Marini del Parco Nazionale dell'Asinara, struttura del Cts nel Nord Sardegna, quasi non credevano ai loro occhi quando se la sono vista davanti. Domenica scorsa hanno dovuto soccorrere per la prima volta nella storia del centro una Chelonia mydas, la 'tartaruga verde', una specie rarissima, classificata come ad alto rischio di estinzione nella lista delle specie minacciate. Il ritrovamento della Chelonia mydas nelle acque italiane è eccezionale non soltanto perché è una specie ormai rarissima nei nostri mari, ma anche perché abita di solito la parte sud-occidentale del Mediterraneo, dove si contano pochissimi siti di nidificazione.

LE IMMAGINI
Al centro del Cts dell'Asinara la tartaruga verde è arrivata grazie alla sensibilità di una famiglia sassarese, che l'ha trovata non lontano da casa sulla spiaggia di Marritza, una parte del lungo arenile che si estende per chilometri da Porto Torres fino a Lu Bagnu, vicino a Castelsardo. La tartaruga era stremata e ormai incapace di muoversi, un arto era imbrigliato e maciullato da una lenza penetrata fino all'osso. I suoi soccorritori hanno chiamato il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale di Sassari che ha provveduto a portare la tartaruga verde al Centro Recupero Animali Marini del Parco Nazionale dell'Asinara."Vista la rarità della Chelonia mydas - spiega il veterinario del centro, Daniele Denurra - avere la possibilità di salvare un esemplare è importantissimo. L'abbiamo chiamata Green, pesa 40 chilogrammi e stimiamo che abbia circa 15 anni. Le sue condizioni erano pessime quando è arrivata, adesso la stiamo trattando con antibiotici e cerchiamo di salvarle l'arto. Se però fosse necessaria l'amputazione, potrà comunque tornare a nuotare con ottime possibilità di sopravvivenza. Abbiamo già eseguito quattro interventi di questo tipo su Caretta caretta, e il loro monitoraggio dopo la liberazione mostra che riescono a reinserirsi bene in natura".Come "Green" sia arrivata fino al Nord Sardegna lo spiega l'anomalia nella temperatura dell'acqua di quest'anno. "A questa altezza è raro trovarla - conferma Denurra - ma l'acqua è davvero più calda rispetto al passato e lo prova anche un numero molto più alto di animali che avvistiamo e soccorriamo. La tartaruga verde, al contrario della Caretta caretta, onnivora, è vegetariana e si ciba di piante acquatiche, per trovare le quali si sposta anche di 2mila chilometri rispetto ai siti di origine. Sono pochissime le spiagge del Mediterraneo dove sceglie di nidificare, soprattutto in Libano e a Cipro. La deposizione avviene ad intervalli di 2, 3 o più anni e su 100 schiuse si calcola soltanto 10 piccoli raggiungano l'età adulta. La Tartaruga verde è stata a lungo cacciata per la sua carne, le sue uova e il suo carapace e poiché il suo unico predatore naturale è lo squalo, è soltanto l'uomo a metterne a rischio l'esistenza".Il ritrovamento di "Green" è un ottimo segnale per l'attività del Centro. "Oltre a occuparci della cura e riabilitazione degli animali - dice la responsabile Laura Pireddu - uno dei nostri compiti principali è fare educazione ambientale e sensibilizzare la popolazione e i pescatori locali. La collaborazione con l'Ente Parco dell'Asinara e l'Università di Sassari sta dando i risultati sperati e sono sempre più frequenti le segnalazioni. Non è soltanto importante che la gente sia informata su cosa deve fare se trova un animale in difficoltà, ma che sia abituata ad osservare nel modo corretto gli animali e a riferire ai centri come il nostro della loro presenza. Al momento nelle nostre vasche per l'ospedalizzazione oltre a Green ci sono quattro Caretta caretta, ma ci attrezzeremo anche per i cetacei. Sono sempre più frequenti infatti le segnalazioni di Tursiopi e stenelle e a ottobre partiremo con un progetto di monitoraggio di questi cetacei". Fonte: Repubblica.it

domenica 30 agosto 2009

San Colombano - I rapaci solcano i cieli del Lodigiano

È in corso il tradizionale campo di avvistamento dei volontari ornitologi.Quattrocento uccelli intercettati dagli esperti in pochi giorni.

In soli quattro giorni più di 400 i rapaci sono stati osservati in transito migratorio sopra la Pianura Padana, tra Piacentino e Lodigiano. È iniziato venerdì scorso il quinto campo d’osservazione del progetto migrans curato dall’associazione ambientalista banina il Picchio Verde e dal Grol, il Gruppo ricerche ornitologiche lodigiano.Le precedenti quattro edizioni avevano un solo punto d’osservazione privilegiato, ma quest’anno, anche grazie all’appoggio economico e logistico delle province di Milano, di Lodi, di Pavia e di Piacenza, i campi d’avvistamento sono quattro. Al tradizionale sito banino si è aggiunto una seconda postazione a Pieve Fissiraga, una a Castel San Giovanni sull’argine del Po e una all’imbocco della Val Tidone, a Boffalora Piacentina. «Per il momento abbiamo un buon riscontro, ma in linea con quello degli anni passati, più o meno - dice Marco Siliprandi del Grol -. Riusciamo a coprire più punti d’avvistamento e per più ore, ma tutta l’osservazione è in fase sperimentale e cerchiamo di migliorarla giorno dopo giorno anche con piccoli accorgimenti, anticipando le ore d’osservazione o raffinando i punti dove osservare». Le località sono state scelte per poter tenere d’occhio tutta la fascia di pianura compresa tra il Piacentino e il Lodigiano, per redigere uno studio sulla transazione migratoria in zona. I rapaci migrano da nord-est a sud-ovest sfruttando un corridoio che prevede la discesa dalle alpi e l’ingresso in Pianura Padana nella zona di Ponti sul Mincio, in provincia di Mantova. Un analogo corridoio in uscita dalla Pianura Padana è utilizzato dai rapaci nella zona ligure. In mezzo, poco o nulla si sa, se cioè i rapaci utilizzino rotte precise preordinate nella pianura o se si disperdano. I campi lodigiani e piacentini sono gli unici punti d’avvistamento. Rispetto agli ingressi registrati dagli ornitologi a Ponti sul Mincio, le osservazioni nel Lodigiano rappresentano sempre circa la decima parte, e anche in questi primi giorni la tendenza è confermata. I due punti d’osservazione piacentini hanno registrato buoni numeri venerdì, poi non hanno visto alcun passaggio di rapaci. In compenso, è stato registrato il passaggio di una decina di cicogne nere. «Solo alla fine del campo d’osservazione potremo trarre, forse, qualche conclusione - afferma Siliprandi -. Nel frattempo registriamo tutti i passaggi». L’osservazione coordinata sui quattro campi finirà lunedì, dopodiché proseguirà ancora per 15 giorni sulla collina di San Colombano. Fonte: Il Cittadino

mercoledì 29 luglio 2009

Melegnano - Dalla giunta 100mila euro per parchi e verde pubblico

«Parchi di Melegnano, stanziati 100mila euro per la loro riqualificazione». Dopo l’attacco del consigliere del Partito democratico Silverio Pavesi, che ha denunciato il «degrado delle aree verdi cittadine», la replica del sindaco Vito Bellomo è giunta a stretto giro di posta: «Nell’ambito di applicazione dell’avanzo di amministrazione 2008 - ha fatto sapere Bellomo -, abbiamo destinato oltre 97mila euro per la manutenzione straordinaria del verde pubblico e dei parchi cittadini. Si tratta di stanziamenti significativi, che dimostrano come la mia amministrazione tenga in grande considerazione il verde pubblico». Bellomo ha fatto quindi l’elenco dei lavori previsti nelle varie zone di Melegnano: «A partire dall’area verde di via Pasolini nel cuore del Borgo - ha spiegato -, dove è in programma la manutenzione straordinaria dell’impianto elettrico e delle panchine, la realizzazione di una recinzione in legno lungo l’argine del Lambro, la posa di nuovi tabelloni nel campo da basket e di giochi destinati ai bimbi del quartiere». Ma una serie di interventi sono in programma anche nel parco del castello Mediceo, che ogni giorno è frequentato da centinaia di bimbi. «In questo caso - ha ripreso l’inquilino di palazzo Broletto -, forniremo di nuove panchine il giardino all’italiana del maniero simbolo di Melegnano. Un’operazione analoga, poi, sarà compiuta in piazza Vittoria sempre in centro città, come peraltro richiesto a più riprese dai tanti pensionati che sono soliti trascorrere i pomeriggi all’ombra del castello». E arriviamo al quartiere Giardino, zona dove si registrano forse le maggiori criticità in fatto di aree verdi: «Nei parchi delle vie Giardino, Tigli, Cedri e Oleandri - ha affermato il primo cittadino di Melegnano - cureremo la manutenzione straordinaria delle panchine e dei giochi». Passando al Montorfano, quartiere densamente abitato nella periferia est di Melegnano, Bellomo ha assicurato la sistemazione delle panchine nell’area in piazza Oldani e in quella in via Paganini. «Gli interventi - ha continuato il sindaco - riguarderanno anche la zona di via Pertini, dove è in calendario la posa di dissuasori, e le aree verdi a nord di Melegnano, con la fornitura di nuovi giochi in viale Lombardia e in piazza Piemonte. Tutti questi lavori - ha precisato in conclusione Bellomo - sono già stati avviati o sono comunque in fase di attuazione». Fonte: Il Cittadino